Il Museo Archeologico Nazionale di Venezia espone una significativa raccolta di sculture ellenistiche, sia originali sia in copia romana. Tre statue di guerrieri celti sono indubbiamente le più famose: uno steso a terra morto, uno in ginocchio e uno soccombente, note con il nome di Galati Grimani.
Queste sculture, ispirate all’arte della scuola pergamena, sono repliche in marmo di originali in bronzo, realizzati tra il 230 e il 125 a.C. dagli Attalidi, sovrani di Pergamo, per esaltare la vittoria sulla popolazione barbara. Questo monumento celebrativo era conosciuto con il nome di Piccolo donario, ed era composto di un numero imprecisato di sculture rappresentanti Giganti, Amazzoni, Persiani e Galati. Il Piccolo donario, come afferma Pausania (II secolo d.C.), era stato collocato sull’Acropoli di Atene, il luogo più importante della città. La scelta di scolpire Giganti, Amazzoni, Persiani e Galati sul monumento celebrativo aveva un forte significato ideologico: le figure evocavano battaglie leggendarie o storiche ed esaltavano la civiltà greca e i loro dèi, contrapposta alla barbarie, impersonata dall’Altro. Tale scelta confermava la forte e diffusa identità greca analogamente alle immagini scolpite nei rilievi del vicino Partenone. Anche i Romani ammirarono e replicarono alcune famose statue di Galati, giunte a Roma come bottino di guerra dopo la conquista del Mediterraneo Orientale. Le statue dei Galati erano infatti opere che colpivano per i volti espressivi, le capigliature disordinate e la drammaticità delle posizioni dei corpi nudi.
I Galati del Museo Archeologico di Venezia furono ritrovati proprio a Roma, forse nella proprietà che i Grimani avevano sul colle Quirinale. In quella proprietà, al tempo dei romani, vi erano probabilmente una villa e delle terme (sono note altre sette figure del Piccolo donario, ugualmente rinvenute a Roma e oggi conservate a Napoli, Roma, Parigi, Aix-en-Provence).
Le statue dei Galati della collezione Grimani furono restaurate da Tiziano Aspetti nella seconda metà del Cinquecento, con integrazioni che non sempre sono state riconosciute dagli studiosi moderni come corrispondenti all’originario aspetto delle figure. Le sculture, due delle quali sin dal 1525 esposte a Palazzo Ducale, divennero fonte di ispirazione per numerosi artisti che spesso li citarono nelle loro opere. A questo proposito si vedano la pala d’altare con il Martirio di San Lorenzo, realizzata da Tiziano nel 1548-1549, e i dipinti di Tintoretto per la Scuola Grande di San Marco tra il 1562 e il 1566 dal titolo Trafugamento del corpo di San Marco e San Marco salva un Saraceno, oggi alle Gallerie dell’Accademia.