Il Museo Archeologico Nazionale di Venezia ospita un’ampia raccolta di ritratti romani, tra i quali il più celebre è il busto noto come Vitellio, opera della metà del II secolo d.C., che godette di grande fama sin dal Rinascimento. All’inizio del 1500, il busto si trovava nella collezione del cardinale Domenico Grimani, patrizio veneziano, raffinato umanista e appassionato d’arte e di oggetti antichi. Domenico Grimani aveva raccolto durante lunghi soggiorni a Roma un’importante collezione di sculture antiche, in parte ritrovate nella proprietà della stessa famiglia Grimani sul colle Quirinale.
La galleria di ritratti costituiva una parte fondamentale della collezione di Domenico Grimani, come spesso accadeva nelle raccolte di età rinascimentale. I dotti dell'epoca infatti amavano studiare gli autori antichi insieme alle monete del tempo e ai ritratti dei personaggi storici di cui leggevano le vicende. Lo scrittore Svetonio (vissuto fra la fine del I secolo d.C. e la prima metà del II secolo d.C.) nelle Vite dei dodici Cesari, descrive Vitellio, imperatore dall'aprile al dicembre dell'anno 69 d.C., come un uomo grasso e incline agli eccessi. Questa descrizione di Svetonio e una certa rassomiglianza del ritratto della Collezione di Domenico Grimani con i profili delle monete antiche che raffigurano Vitellio hanno probabilmente contribuito a dare origine all’errata identificazione del busto del Museo Archeologico con l’imperatore Vitellio.
Si tratta, in realtà, dell’immagine di una persona non nota, i cui tratti del viso sono resi in modo realistico: sopracciglia folte, naso prominente, labbra sottili, guance paffute e doppio mento. Alcune caratteristiche tecniche come la forma del busto, oggi mancante in parte, la capigliatura e l’incisione delle pupille degli occhi, hanno indotto gli studiosi a datare l’opera all’età adrianea, tra gli anni 120 e 140 d.C.
Il ritratto di Vitellio fu donato allo Stato veneziano da Domenico Grimani con il testamento del 1523 e fu esposto a Palazzo Ducale assieme ad altre sculture in una stanza che prese quindi il nome di “Sala delle Teste”. Questa prestigiosa collocazione contribuì alla fortuna dell’opera, consentendo a numerosi artisti di studiarla e di ispirarsi a essa: schizzi e disegni di Tintoretto e Jacopo Palma il Giovane, per esempio, confermano l'intenso studio di cui fu oggetto; dipinti che ne riprendono le sembianze, attribuendole a personaggi con nomi diversi, ne provano la fama straordinaria. Si veda a questo proposito il Convito in casa di Levi, dipinto da Paolo Veronese nel 1573 per il refettorio del convento dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia, oggi alle Gallerie dell’Accademia. Infine, si ha notizia di numerose riproduzioni del busto di Vitellio della Collezione Grimani realizzate in epoche diverse e materiali differenti, come la copia in bronzo, appartenente alla collezione di Giacomo Contarini, altro importante dotto patrizio nella Venezia del Rinascimento, esposta nel Museo nella stessa sala.