Benvenuti nella sala XII, dedicata alla Cina. Il suo allestimento è stato preservato sin dal 1928, come esempio delle soluzioni adottate da Nino Barbantini per questo Museo nello splendido palazzo dei Pesaro.
Al centro della sala, su un mobile cinese intagliato, sono collocati vasi e brucia incensi in giada, ciascuno con base in legno. Il set tradizionale per l’incenso prevede un contenitore per le schegge di legno di sandalo o grani di incenso, un vaso per pinze e spatola, e un brucia incensi. In basso vi è uno scettro, ruyi, utilizzato per le cerimonie buddiste, che poteva anche essere utilizzato a corte per distinguere il rango di appartenenza.
La porcellana, prodotta in Cina sin dal 300, suscitò l’invidia dei ceramisti europei già nel 1500. Conteneva argilla bianca (il caolino) e feldspato (una pietra bianca fusibile) ma la composizione rimase un prezioso segreto. L'elettore di Sassonia, Augusto il Forte, tenne a lungo prigioniero l'alchimista Johann Friedrich Böttger per ricercare la formula dell'oro bianco, la porcellana, che riuscì infine a ottenere nel 1709 a Dresda.
Sul corpo asciutto ma non ancora cotto del vaso, si dipingeva la decorazione con rapidità a causa della superficie ceramica assorbente. Molti dei vasi decorati venivano cotti due volte, la prima a temperature elevate (oltre 1300°) e la seconda, dopo la decorazione a smalto, a temperature più basse (circa 800°).
Nella Cina meridionale si utilizzava un forno a forma di drago, lungo 80 metri, che permetteva la cottura contemporanea di grandi quantitativi di ceramica. Seguendo l'inclinazione di un pendio si costruiva una serie di camere di cottura collegate tra loro, con il focolare a legna posto ai piedi della collina. Durante la cottura le ceramiche erano racchiuse in contenitori d'argilla per evitare impurità e sbalzi di temperatura.
Le vetrine a destra e sinistra poggiano su tavoli cinesi originali e contengono due vasi di porcellana appartenenti alla “famiglia nera”, di epoca Kangxi (1662-1722). È consuetudine classificare oggetti di porcellana col nome di “famiglia” quando un colore è più diffuso di un altro nel disegno o sul fondo. In questa sala possiamo vedere, ad esempio, accanto alla parete d’ingresso, una splendida famiglia verde.
Alla parete d’accesso vi sono alcuni esemplari della celebre porcellana bianca e blu. Inizialmente questa tipologia, che veniva esportata in grandi quantità, era considerata volgare dalla classe colta cinese, amante delle decorazioni monocrome, e solo nel XV secolo la corte cominciò ad apprezzarla fino a che divenne caratteristica dell’intera produzione cinese.
Di particolare pregio sono i vasi monocromi, blu, verdi e rossi, la cui produzione era spesso più costosa di altre tipologie.
La vetrina tra le finestre contiene oggetti di porcellana bianca avorio, Pai-T’zu, fabbricata a Dehua, liscia al tatto come seta. Gli oggetti riproducono immagini religiose, soprattutto di Guanyin, il bodishattva associato alla compassione, spesso rappresentato in forme femminili.
Nel deposito del Museo vi sono anche splendide suppellettili cinesi in lacca rossa e abiti da cerimonia cinesi, maschili e femminili, di epoca Quing (1644-1911).