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Museo d'Arte Orientale

Cap. 4 - Sala X

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Sala X

Il lungo e complesso procedimento della laccatura giapponese è illustrato nella vetrina e nel filmato presenti in sala IV. A lungo ma inutilmente, in Occidente si cercò di realizzare lacche secondo la tecnica orientale: si ripiegò infine sulla lacca d’imitazione, utilizzando principalmente legno di cirmolo, perché essenza compatta e di facile intaglio. Il rivestimento era però assai differente dalla lacca giapponese e la resistenza era scarsa. La sandracca usata per verniciare, infatti, screpolava e ingialliva alterando i colori della decorazione a pennello.

Ogni signore feudale aveva fra i suoi dipendenti un gruppo di artigiani tra i quali vi erano anche dei laccatori. Nonostante le leggi suntuarie emanate dagli shōgun proibissero l’eccessiva ostentazione di ricchezza, i daimyō si circondavano di oggetti ricercatissimi e fastosi. I pezzi esposti facevano parte del tipico corredo nuziale dell’alta società, nel quale non dovevano mancare il sandana ovvero tre mobili composti dallo zushidana per gli articoli da cancelleria e scrittura, lo shōdana per i rotoli dipinti e i libri, e il kurodana, per la tintura dei denti, del quale potete ammirare uno splendido esempio in questa sala, nella vetrina 12. A questi tre pezzi se ne aggiungevano molti altri quali oggetti da toeletta, scatole da cosmetici (tebako), scatole per pettini ornamentali e fermacapelli. Le scatole da toeletta da viaggio dovevano contenere vasellame minuto e accessori necessari alla rasatura delle sopracciglia, alla pettinatura, alla preparazione e stesura del trucco.

Vi erano poi scatole per lettere (fumibako) e la scatola da scrittura, suzuribako. Nelle vetrine 6, 7 e 10 vedete diverse suzuribako, oggetti molto importanti in un mondo in cui la calligrafia era ritenuta una delle più alte espressioni artistiche. Al suo interno si trovavano inchiostro, suzuri (la pietra su cui si stemprava l’inchiostro), boccetta per l'acqua, temperino e pennelli. Nelle vetrine 1, 4 e 5 vi sono anche diversi diversi hanami bento, cestini da pic-nic in lacca contenenti vassoi, fiasche per il sake, piatti e contenitori per il cibo utilizzati dalle compagnie in festa in occasione delle gite in campagna per contemplare la fioritura dei ciliegi (come si vede nel kakemono di sala VIII), gli aceri rossi o la luna d’agosto.

Di particolare bellezza sono anche gli utensili per la cerimonia dell’incenso e le tabi kogubako della vetrina 5, le scatole da viaggio per il gioco dell’incenso, complete di tabella segnapunti, utensili per tagliare l’incenso e scatoline da incenso. Come si usavano e come venivano portati gli inrō, porta erbe medicinali a scomparti, è spiegato nel pannello della vetrina 15. Agli inrō si legavano l’ojime (sferetta che serve per stringere la corda che chiude l’inrō) e il netsuke, fermaglio dotato di un foro per far passare la cordicella, usato per appendere alla cintura l’inrō. Numerosi netsuke in avorio, legno, metallo o porcellana sono esposti nella sala IX.